BENEVENTO E PROVINCIA NEWS Nessuna minaccia, nessuna estorsione: titolare pub nuovamente in aula. A Napoli Sarà ascoltato a febbraio nel processo d'appello per le quattro persone di Benevento assolte
INSERITO DA ANGELA CECERE Erano state coinvolte nell'operazione della Dda 'Tabula rasa 2' Benevento. Quando era stato ascoltato in aula, dinanzi al Tribunale sannita, aveva escluso di aver subito minacce o pressioni: dichiarazioni che avevano avuto un peso fondamentale, che il titolare di un pub-pizzeria a Ceppaloni dovrà ripetere dinanzi alla Corte di appello di Napoli il 9 febbraio del prossimo anno, nel processo di secondo grado a carico delle quattro persone di Benevento che, coinvolte un'indagine dei carabinieri e della Dda su una estorsione, aggravata dal metodo camorristico, ai danni del commerciante, erano state assolte nel novembre del 2018, perchè il fatto non sussiste. Una decisione impugnata dalla Dda nei confronti di Corrado Sparandeo, 35 anni, Giuseppina Piscopo, 37 anni, Silvio Sparandeo, 31 anni, e Italo Di Pietro, 38 anni, difesi dall'avvocato Antonio Leone, per i quali il procuratore aggiunto Giovanni Conzo aveva proposto all'epoca le seguenti pene: 14 anni per Corrado Sparandeo, 10 anni e 8 mesi per gli altri tre. 'Tabula rasa 2' il nome in codice dato all'operazione che era finita all'attenzione dell'opinione pubblica il 26 gennaio del 2015, con l'esecuzione di quattro ordinanze di custodia cautelare. I destinatari erano poi tornati in libertà in momenti diversi. Il blitz era stato l'epilogo di un'attività investigativa supportata da intercettazioni ambientali e telefoniche. Le prime nel carcere di Secondigliano, dove era detenuto Corrado Sparandeo. Che, secondo la Dda, “attraverso i colloqui con i familiari, avrebbe continuato a gestire il clan e a dirigere le attività illecite”. Come nel caso dell'episodio al centro dell'inchiesta. Quando il giovane avrebbe parlato del ritiro di una somma dal proprietario dell'attività di ristorazione. Appuntamento fissato attraverso Di Pietro in un bar del rione Libertà, dove Piscopo, accompagnata da Silvio Sparandeo, aveva incontrato la presunta vittima, per la consegna dei soldi. Interrogati dal gip dopo l'arresto, gli allora indagati avevano sostenuto che il denaro era solo un regalo che il proprietario della pizzeria avrebbe spontaneamente fatto a Corrado Sparandeo. Una versione che la parte offesa aveva ribadito, sostenendo che i soldi sborsati – 800 euro - altro non erano che un gesto di liberalità nei confronti di persone che conosceva da tempo. Tutt'altra, invece, la ricostruzione degli inquirenti, che ritengono quel denaro una tangente che sarebbe stato costretto a pagare.
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